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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:36 pm

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di Davideselis il sab mag 17, 2008 7:57 am

Il lungo, travagliato cammino che portò all’abolizione della SCALA MOBILE conobbe due fasi cruciali, due tappe drammatiche quando io ero in attività sindacale, e quindi sulla linea del fuoco, come piccolo dirigente della CISL. Mi riferisco all’ accordo del 22-1-1983, sottoscritto con il ministro Scotti (governo Fanfani) da CGIL-CISL-UIL e al decreto del governo Craxi del 14-2-1984, il famoso decreto di S.Valentino, che diventò poi LEGGE 219 del 12-6-1984, legge sottoposta a referendum per iniziativa del P.C.I. IL 10-6-1985 e CONFERMATA DA TALE REFERENDUM.


Auguro a nessun giovane di intraprendere l’attività sindacale, senza ambizioni personali, per puro “gusto culturale” e spirito di servizio , e trovarsi “al fronte” in circostanze simili.


La mia linea di condotta poté in quegli anni apparire contraddittoria.
Infatti, quando si trattò di mettere mano per la prima volta alla scala mobile, per diminuirne la copertura, quando cioè iniziava il cammino che ci avrebbe portato, dopo molte tappe e molti combattimenti, all’ abolizione degli automatismi di contingenza, le tre grandi confederazioni, che volevano poter concordare con il governo il primo taglio, se la facevano sotto, spaventate dalla reazione della base dei lavoratori.

Furono indette consultazioni, che si svolsero in un clima infuocato, in tutti i luoghi di lavoro. I lavoratori dei Beni Culturali di Parma, riuniti in assemblea plenaria nella Biblioteca Palatina, rifiutarono la proposta confederale unitaria e votarono a grande maggioranza per mantenere inalterata la SCALA MOBILE.

Io mi schierai con la base, aumentando così il disagio del relatore-confederale-unitario, un dirigente territoriale della CGIL, che uscì con le ossa rotte da quella assemblea. I Beni Culturali di Parma votarono NO, e tanti altri lavoratori italiani fecero lo stesso.

Io ebbi paura, e sono fiero di averla avuta. Sentivo che rischiavamo di lasciare il certo per l’incerto, che i benefici futuribili annunciati erano molto dubbi, intuivo che si era arrivati al primo colpo di scardinamento del meccanismo, quel meccanismo che aveva permesso alla povera gente di sopravvivere con relativa sicurezza in congiunture economiche difficilissime. Decidere di assecondare la mia paura fu un atto d’amore, verso me stesso e verso il popolo che rappresentavo.

Questa mia posizione contraddittoria con la linea proposta e caldeggiata dalla leadership del mio sindacato mi procurò lì per lì il malumore del consiglio direttivo provinciale e dei miei “superiori”. In futuro questo mio comportamento sarebbe stato ricordato e citato per diffamarmi, in occasione di velenosi attacchi, in una torbida manovra tesa a farmi le scarpe. Dicevo che molti luoghi di lavoro optarono per il NO alla riforma, ma il SI prevalse. Speriamo che tutto, e dappertutto, si sia svolto democraticamente e correttamente, senza brogli né falsificazioni.


L’accordo patrocinato dal ministro Scotti quindi si poté fare, e divenne decreto.


Un anno dopo vi fu il drammatico decreto di S.Valentino, voluto anche dalla CISL, che produsse una ulteriore decurtazione della SCALA MOBILE. Questo decreto, dopo essere stato trasformato in legge, fu contestato da larga parte del Sindacato e del popolo italiano, fino al referendum che si svolse il 10-6-1985. Vinsero quel referendum Bettino Craxi, Pierre Carniti, Giorgio Benvenuto, Ottaviano Del Turco, e le loro truppe. Vinsi anch’io, soldatino di Pierre Carniti, che avevo ricevuto dal Grande Capo una lettera commovente e mi ero coinvolto nel combattimento, nella propaganda, dai capelli ai piedi.


Può apparire contraddittorio a prima vista il mio comportamento: nel 1983 sostenni che non si doveva toccare la SCALA MOBILE, e nel 1984-85 mi schierai invece per un forte contenimento della medesima. Cercherò di farmi capire, ho creato questo thread anche per questo.
(Continua)

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:37 pm

(Continua)
La mia apparente contraddizione, di aver sostenuto nel 1983 la SCALA MOBILE senza accettarne cambiamenti peggiorativi per il potere d’acquisto, e nel 1984-85 aver sostenuto una riforma fortemente riduttiva di quel meccanismo, potrei giustificarla nel modo più semplice: io sono anche un lavoratore, e come tale sono stato chiamato ad una consultazione dal mio sindacato una volta sola, alla vigilia dell’accordo-Scotti. Se il mio sindacato mi chiede che cosa io preferisco, sono tenuto a dire la verità.

Alla vigilia del secondo “strappo”, quello di S.Valentino, il mio sindacato non mi interpellò. Io ero anche un piccolo funzionario dell’organizzazione sindacale, e se non volevo accettare la linea adottata da quest’ultima, dovevo dimettermi dai miei incarichi, cosa che non giudicai opportuna per gli interessi da me rappresentati e per i mandati di fiducia ricevuti.


Ma se le cose stessero semplicemente e soltanto così, probabilmente non avrei aperto questa discussione. Vi è un motivo ancora più importante, lasciato finora in penombra dalla storia, e non recepito dal senso comune, dal sapere della gente.

La misura di contenimento dell’accordo di S.Valentino, la programmazione dei punti di contingenza (chi non ha memoria di queste cose non si scoraggi, in questa maratona di topic vi sarà anche una parte dedicata al ripasso della storia e alla chiarificazione degli interventi tecnici che si sono susseguiti negli anni, fino alla soppressione della SCALA MOBILE), programmazione al ribasso rispetto al reale aumento del costo della vita che si poteva prevedere, ed anche a quello che si verificò realmente, era concepita dai suoi ideatori EZIO TARANTELLI e PIERRE CARNITI, come UNA TANTUM, una sorta di terapia, di rimedio-tampone per arrestare l’emorragia di una inflazione a doppia cifra che stava portando l’Italia, di corsa, in SUD-AMERICA.

Carniti avrebbe voluto questa misura già da qualche anno, l’avrebbe voluta in luogo della riduzione del punto di contingenza operata con l’accordo Scotti. A quell’epoca, il segretario nazionale della CISL dichiarò alla stampa che la decurtazione permanente del punto, sottoscritta nell’accordo-Scotti, lo amareggiava non poco, perché riteneva che quel sacrificio imposto ai lavoratori con interventi di micro-chirurgia si potesse forse evitare.

Lo si sarebbe potuto evitare, secondo Carniti (e credo anche secondo Benvenuto) se si fosse anticipata al 1983 la misura terapeutica, la misura-tampone. Non fu possibile farlo per l’indisponibilità della CGIL, nell’ 83 come nell’84, nonostante la personale apertura di LUCIANO LAMA, non fu possibile per l’opposizione del PCI di ENRICO BERLINGUER, opposizione intransigente dettata da ragioni di strategia politica, ragioni (o meglio “tesi”) extra-sindacali.


Ma torniamo per un momento al piccolo Davide Selis: vi è una terza ragione del mio “cambiamento”. Io avevo combattuto con tutte le mie forze perché il cammino di modifica, di progressivo contenimento della scala mobile non iniziasse nemmeno. Ma una volta presa questa strada, se la cura scelta dai medici più competenti (per una drammatica inflazione a doppia cifra che avrebbe annientato prima o poi i salari) era questa, non vi è nulla di peggio del medico pietoso che lascia le cure a metà, o con dosaggio troppo blando.

Per fare un esempio del tutto analogico: la chemioterapia è una cura devastante per l’organismo umano. Ma in certi casi, se non si possono praticare cure alternative o meno pesanti, non ha senso praticare la chemioterapia in dosi blande, rischiando di NON DEBELLARE IL MALE e di produrre inoltre degli effetti indesiderabili aggiuntivi.
(Continua)


Ultima modifica di Admin il Mer Nov 16, 2011 11:24 pm - modificato 3 volte.

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:38 pm

(Continua)
Ricapitolando ed integrando il contenuto dei post precedenti:
- Accordo-Scotti del 22/1/1983: “Con quell’accordo vengono ridotte le voci del paniere per il calcolo del costo della vita e si concorda la riduzione del 10% del valore del punto di contingenza. La copertura della scala mobile scende così dal 73% al 63%”. (Tratto da internet)

- L'accordo "Scotti" durerà poco o niente. La stessa Confindustria lo disdice solo dopo pochi mesi riaprendo un confronto che porta il 14 febbraio 1984 all'accordo di “S. Valentino" di rallentamento sostanziale del meccanismo di scala mobile e di ogni forma di automatismo salariale.
La Cgil si opporrà a quell’accordo arrivando anche a promuovere un referendum per la sua abrogazione, senza… esito positivo.


1984 Contingenza – Con il Decreto Legge del 14/2/1984 e la successiva legge del 12 Giugno 1894 n° 219 si stabilisce che i punti di variazione dell'indennità di contingenza non possono essere più di 2 alla scadenza del 1° febbraio e non più di 2 a quella del 1° maggio. Come si vede si è trattato del primo e vero intervento legislativo di predeterminazione salariale.
(Accordo di S.Valentino, tratto da internet).


L’accordo Scotti aveva un carattere permanente e definitivo, l’accordo di S.Valentino, al momento della concertazione e della firma, un carattere contingente, UNA TANTUM, riguardante esclusivamente il futuro immediato. L’accordo-Scotti indeboliva noi lavoratori dipendenti per sempre, l’accordo di S.Valentino voleva essere solo una cura, un tampone, un momento di sacrificio per fermare una emoraggia.


Carniti avrebbe voluto i contenuti di “S.Valentino” fin dal 1983, in luogo dei “contenuti-Scotti”. Carniti voleva un salasso per salvare l’organismo, e quindi riprendere a nutrirlo regolarmente, Benvenuto voleva la stessa cosa (su posizione meno esposta, meno “esplicita”, ma non meno ferma), Lama FORSE VOLEVA, MA NON POTEVA. Vi era il veto del PCI che non voleva morire.


Oggi, Carniti passa per il “boia” della scala mobile. Mentre ha fatto il possibile per salvarla. Mentre non voleva decurtarla nemmeno. Come si sia generato questo equivoco cercherò di rendere più chiaro in corso d’opera.

Di sicuro è un equivoco molto radicato, anche fra le persone più colte in materia. Io non dimenticherò mai che quando mi affacciai al vecchio forum UILBAC per la prima vota, qualche anno fa, e mi presentai esplicitamente come nostalgico di Pierre Carniti, uomini di sindacato del calibro di LELLO SEPE e GIORGIO ONORATI mi lanciarono una amichevole, affettuosa frecciata sulla SCALA MOBILE.
(Continua)


Ultima modifica di Admin il Mer Nov 16, 2011 11:27 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:39 pm

Continua)
Riprendiamo il filo:

Si è detto nei post precedenti che l’ accordo-Scotti dell’ ’83 intervenne sulla struttura della scala mobile, per modificarla, mentre l’accordo di S.Valentino non era una misura strutturale ma contingente.

L’accordo Scotti ebbe un famosissimo strascico, quello dei “DECIMALI”.
Focalizziamo la questione con le parole di Pierre Carniti:
“Per di più il lavoro di “taglia e cuci” fatto sulla scala mobile aveva
prodotto un malinteso (o un pasticcio) che comporterà un lungo strascico. Mi riferisco al
contenzioso “sui decimali”.
La questione era nata da un contenzioso interpretativo del testo del protocollo. Il testo
dell’accordo prevedeva infatti che ai fini della determinazione del numero degli scatti da
corrispondere alla fine di ogni trimestre non dovessero essere presi in considerazione le cifre
decimali del tasso di inflazione. Per il sindacato era ovvio che i decimali avrebbero dovuto
concorrere nello scatto successivo, quando l’inflazione avesse portato l’indice dei prezzi alla cifra
intera successiva. Insomma ogni trimestre si sarebbero dovuti pagare gli scatti interi maturati,
mentre i decimali del trimestre precedente avrebbero dovuto essere sommati all’indice del trimestre
successivo. Al contrario, per la Confindustria i decimali non dovevano mai essere conteggiati.
Tanto per il trimestre in pagamento che per quello successivo. Il contenzioso verrà risolto solo nel
1984, quando con la predetrminazione del numero degli scatti di scala mobile il problema sarà, di
fatto, superato.”


Con tutta la stima, che rasenta la venerazione, che io ho per Pierre Carniti, questa versione sull’ origine del contenzioso, che sarebbe stata una semplice mancanza di chiarezza del testo, ed un equivoco tra i soggetti contraenti, mi lascia non pochi dubbi. Che uomini scafati nella contrattazione come Lama, Carniti e Benvenuto non avessero visto il pericolo, la possibilità di un malinteso come quello che si verificò poi, faccio fatica a crederlo.


Tanto più che altre fonti mi dicono che sulla “sterilizzazione “ dei decimali in realtà vi era l’accordo di fondo, ed il Sindacato voleva semplicemente che la si facesse partire assieme, non per decisione unilaterale della Confindustria, e quindi dopo una ulteriore trattativa (e quindi, aggiungo io, dopo aver “portato a casa “qualcosa in più per i lavoratori).

Un’altra mia ipotesi: forse il Sindacato avrebbe voluto “mollare” i decimali per ultimi, dopo aver visto realizzate le altre parti dell’accordo, quelle vantaggiose per i lavoratori, come la riduzione dell’orario di lavoro.

Comunque stessero le cose, il contenzioso sui decimali andò avanti per mesi, finché in novembre Bettino Craxi non lo risolse provvisoriamente intimando agli industriali: “PAGATE QUEI DECIMALI !”. Fu questa la prova generale del decisionismo craxiano, ma questa volta le organizzazioni politiche e sindacali delle masse popolari non ebbero nulla da eccepire.


Ma la questione dei decimali era una mina inesplosa, e si riproponeva per il futuro. L’accordo di S.Valentino veniva di fatto a risolvere (per il momento) il problema, predeterminando i punti di contingenza. Rifiutando quell’accordo, la componente comunista della CGIL ripeté all’ossessione “DATECI I DECIMALI !”. In seguito, la campagna referendaria, con la violenza di tutte queste campagne, completò l’opera di dipingere la CISL e la UIl come remissive sulla perdita dei decimali, cioè remissive sulla perdita del potere d’acquisto dei lavoratori, cioè remissive sulla “castrazione” della SCALA MOBILE. La realtà capovolta.
(Continua)

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:42 pm

Proviamo a riprendere il filo. Mentre scrivo queste note sono chiuso in casa perché convalescente e sta trascorrendo la giornata del primo maggio, tradizionalmente dedicata all’unità dei lavoratori ed anche dei sindacati.

Oggi, festa dell’unità, giornata in cui anche i Sindacati che si sono da tempo divisi tentano di essere uniti sui comuni valori fondanti, oggi, dicevo, può apparire come minimo stonato rievocare la traumatica lacerazione che fece finire la FEDERAZIONE UNITARIA, quel tesoro che poi mancò tanto ai lavoratori italiani (ed a quelli dei BENI CULTURALI più che a tutti gli altri).

Ed invece, vedere più da vicino quali siano state le cause della rottura, quanto esse fossero poco consistenti dal punto di vista prettamente negoziale e quanto invece riflettessero forti motivazioni extra-sindacali, non può che giovare al recupero dell’unità.


Riprendiamo dunque il discorso: avevamo confrontato il decreto Scotti sulla scala mobile con il decreto di S.Valentino, si era rilevato e sottolineato il carattere STRUTTURALE del primo intervento sulla scala mobile e quello CONTINGENTE, UNA TANTUM, del secondo intervento. Dopo il primo passo, il decreto Scotti, il cui contenuto fu reso necessario dall’intransigenza della Cgil nel rifiutare fin da allora la proposta di TARANTELLI e CARNITI sulla predeterminazione dei punti di contingenza, si aprì il contenzioso sui decimali.

Inizialmente le tre confederazioni furono unite nel rivendicare il pagamento dei decimali, fino alla parentesi del patto di S,Valentino. A quel punto le voci del coro si scissero, perché per CISL e UIL la nuova misura, la predeterminazione, veniva momentaneamente a risolvere il problema.

Non accettando questa misura, la componente comunista della Cgil rimase sola a reclamare i decimali. La cassa di risonanza della campagna referendaria fece il resto, per cui agli occhi di gran parte della popolazione CISL e UIL divennero quelle che non volevano il pagamento dei decimali, mentre si erano battute fin lì con vigore assieme alla CGIL per lo stesso scopo.

E, superata la fase del decreto di S.Valentino, avrebbero ripreso a rivendicare con lo stesso vigore lo stesso obiettivo, fino al compromesso dell’ 8 maggio 1986, quando le tre confederazioni firmarono con la confindustria un accordo per un riconoscimento dei decimali.
Che CISL e UIL non volessero i decimali è dunque una fandonia propagandistica, la storia lo dimostra.


Abbiamo accennato che l’accordo di S,Valentino era una assoluta novità nelle misure anti-inflattive basate sul contenimento del costo del lavoro: era tutto tranne che una manomissione della scala mobile, della quale restavano fermi il paniere, il valore del punto, la periodicità. Inoltre, IL CONTENIMENTO DELLA DINAMICA DEL SALARIO NOMINALE NON SI FACEVA “EX POST” (QUANDO L’INFLAZIONE SI FOSSE GIA’ PRODOTTA), MA AGIVA “EX ANTE”, INTERVENENDO SULLE ASPETTATIVE INFLAZIONISTICHE.

Aggiungiamo che erano previsti dei meccanismi per la restituzione ai lavoratori del potere d’acquisto, qualora alla fine dell’anno l’inflazione fosse risultata superiore a quella coperta dagli scatti predeterminati (e già pagati).

Il fascino di questo esperimento, la grande sfida del compianto Ezio Tarantelli, forse lo sentivano anche i leaders cigiellini più illuminati, come Luciano Lama e Bruno Trentin. Ma si muovevano in una strettoia tremenda, come vedremo più da vicino.

Comunque, dopo il fallimento di un tentativo di compromesso faticoso e farraginoso tentato da Luciano Lama, l’intera CGIL parve vicinissima a firmare l’accordo, per amore dell’unità sindacale. Ed aveva lasciato credere che avrebbe firmato.

Ma il giorno della sottoscrizione, dopo che tutte le altre componenti avevano dato l’assenso alla firma, compresa la componente socialista della Cgil, Luciano Lama, imbarazzato, uscì a sorpresa dichiarando che per la propria componente sindacale NON POTEVA FIRMARE, pur essendo personalmente d’accordo sui contenuti del patto... Era scattato il veto del P.C.I.

Infatti, poco tempo prima, in una segreteria unitaria, uno degli ultimi episodi di vita della federazione unitaria, Bruno Trentin aveva detto ai cislini ed agli uillini che se anche il governo avesse offerto delle mele d’oro in un piatto d’argento, LA CGIL NON POTEVA ACCETTARE.

Pochi giorni prima dell’accordo di S.Valentino, nella riunione unitaria dei quadri direttivi tenutasi all’Hotel Midas alle porte di Roma, allorché era apparsa chiara ed irreversibile la posizione della maggioranza cigiellina, energica e determinata fu la reazione di Pierre Carniti.

Quando i capi dei sindacati presero atto che non c'era niente da fare, Pierre Carniti andò al microfono ad annunciare ai dirigenti sindacali riuniti che ogni tentativo di accordo era fallito, che i sindacati divisi erano e divisi rimanevano. Inaspettatamente aggiunse anche qualche parola: "Attenzione qui è finita la federazione unitaria; noi siamo cristiani, ma non porgiamo l'altra guancia"
(continua)



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Ultima modifica di Admin il Mer Nov 16, 2011 11:33 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:44 pm

(Continua)
La sortita a sorpresa di Pierre Carniti aveva comunque il valore di una dichiarazione di intenti, anche se l’uomo che la pronunciava era sempre stato sobrio e non soleva parlare a vanvera (cosa che, del resto, si può dire anche di GIORGIO BENVENUTO, per il quale, pure, la stima di chi scrive queste note è altissima).

Pronunciava quelle parole pesanti come macigni dopo un travaglio personale assai notevole, egli che si era speso da sempre come pochi per l’unità e per la federazione unitaria, e lo faceva dopo aver ottenuto il mandato dagli organi statutari della sua confederazione per una scelta così estrema, se fosse apparsa inevitabile.


Ma Carniti era talmente amante dell’ unità che volle non rendere subito ufficiale, operativa e irreversibile quella opzione “secessionista”, quasi a dare l’ultimissima chance alla Cgil.


Ma in seguito alle manifestazioni di protesta contro il decreto di S.Valentino e la concertazione che lo aveva reso possibile, proclamate dai Consigli di Fabbrica “autoconvocati” (il giorno 5 marzo 1984), il leader della CISL dichiarò che L’EVENTUALE ADESIONE UFFICIALE DELLA CGIL SANCIREBBE LA RESPONSABILITA’ DELLA ROTTURA DELL’UNITA’ SINDACALE.


Gli avvenimenti precipitano: A Roma si svolge la manifestazione di protesta della CGIL (e del PCI) che porta in piazza un milione di persone. Proprio alla vigilia Carniti commenta con amarezza che “la decisione della componente comunista della CGIL di attuare la manifestazione del 24 decreta di fatto la morte della Federazione unitaria”.
La CISL quindi, si ritira dalla federazione unitaria.

Traggo da “La Gazzetta del Mezzogiorno”:
"Così, la battaglia politica e sindacale, si riaccende. Per la prima volta nella storia della Repubblica il Sindacato celebra il Primo Maggio separatamente. La frattura è così seria che ad ottobre sarà smantellata la sede unitaria di via Gaeta a Roma; tornano i toni degli anni Cinquanta; il PCI definisce il secondo decreto antinflazione ‘decreto truffa’; Enrico Berlinguer



lo bolla come… un atto osceno in luogo pubblico".

Divampa la protesta in tutta Italia, una protesta in minima parte spontanea (ancorché realmente sentita da una grandissima parte del popolo) ed in massima parte “spintonea”, cioè pompata ad arte ed organizzata dietro le quinte dalla formidabile macchina organizzativa del PCI di Enrico Berlinguer.

La protesta invade le fabbriche ed altri luoghi di lavoro, invade le strade, blocca i trasporti. Invade il parlamento, dove si giunge alle colluttazioni fra i gruppi comunista e socialista e dove il senatore comunista Dario Valori perde la vita.


Questo tasso altissimo di conflittualità fa paura a buona parte dell’imprenditoria italiana che teme un arresto produttivo per la perdita della pace sociale e si schiera dalla parte del PCI, della maggioranza CGIL e del Msi (forza più piccola, che cavalca anch’essa la tigre della protesta).


Un’ultima proposta per disinnescare il conflitto la fa Luciano Lama: “ “dicono che sia una minoranza ad opporsi alla manovra del Governo. Benissimo, allora contiamoci, facciamo un referendum tra i lavoratori e vediamo quanto è grande questa minoranza”. "Questa è demagogia di marca comunista" – sostengono Carniti e Benvenuto – "dove s’è mai visto che un lavoratore approvi una decurtazione del proprio salario?”.
Si va comunque verso un referendum, quello fra tutti i cittadini, voluto e ottenuto dal PCI.
(Continua)


Ultima modifica di Admin il Mer Nov 16, 2011 11:37 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:45 pm

(Continua)
Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto accettano la sfida, anche se sembra che per loro butti molto male. Nonostante la dichiarazione precedente, riportata più in alto, Carniti si lancia in questa prova a capofitto. Scrive una lettera a tutti i propri iscritti, poche righe concise ma vibranti.

Spiega che avverte lo scoramento del popolo della Cisl per questa prova che rischia di massacrare l’organizzazione. Ma ATTENZIONE: BENCHE’ TUTTO SEMBRI CONTRO DI NOI, SI PUO’ VINCERE, dice il capo. Il quale chiede a tutti un impegno in attivita’, nella propaganda, e perfino offerte in danaro. Chiede un impegno per la sopravvivenza politica dell’organizzazione. Sostiene che è grande la moralità e ”la passione della nostra gente” (=IL POPOLO ITALIANO DI ALLORA, n.d.r.). In questo momento così difficile per noi, non deve prevalere lo sconforto né il pessimismo…credete, SI PUO’ VINCERE.


Una parte di attivisti, me compreso, si infiammano di passione per questo messaggio, e si buttano nel combattimento con tutte le proprie forze e con entusiasmo. Ma sono tanto pochi, rispetto alla poderosa macchina organizzativa e propagandistica del PCI, una macchina perfetta già tante volte collaudata. E questa macchina è partita per prima, è già in moto ed ha già bombardato le coscienze. Davide contro Golia, gli esperti di politica non scommettono su di noi.


A quell’epoca non c’erano i sondaggi come oggi, ma con il passare dei giorni, e lo scontrarsi delle artiglierie del Pci con i moschetti della Cisl, si avverte, con stupore, che qualcosa matura a favore del NO (POSIZIONE CISL-UIL). Anche se l’ipotesi più accreditata rimane quella per cui la massa diserterà le urne, e finirà per prevalere il SI.


Dicevo che mi buttai nel combattimento con tutte le mie forze. Ed ecco il piccolo Davide, con la sua Vespa ed una sacca a tracolla piena di volantini, percorrere la città per ore nel tempo libero alla ricerca di punti nevralgici dove seminare per il “NO”, eccolo affiancare taxi ai semafori ed “indottrinare” i piloti e i passeggeri, spesso contrari e sconvolti da tanto ardire, in una piazza rossa come Bologna. Il testo del volantino, corredato da efficaci disegni di un grande umorista, era ben congegnato, più o meno così: “Il PCI DICE DI AVER VOLUTO IL REFERENDUM NELL’INTERESSE DEI LAVORATORI-L’MSI SI E’AFRETTATO AD APPOGGIARLO- LA CONFINDUSTRIA NON HA FATTO NULLA PER IMPEDIRLO: RAGIONA: QUANTA OCCUPAZIONE SI CREA CON QUALCHE DECIMALE IN PIU’ DI CONTINGENZA ? LA CISL VUOLE LAVORO, NON FUMO !!!”.


Certe volte seminavo il no nelle stesse zone e negli stressi tempi in cui gli avversari, per lo più i prestanti attivisti del PCI (molti di loro erano di una potenza fisica impressionante, i Katanga dei servizi d’ordine del partito e della cgil) favevano la loro semina per il “SI”. Una volta, dopo aver compiuta la mia missione, andai a recuperare lo scooter che avevo parcheggiato in un vicolo deserto e lì incontrai due di quei “bestioni”, che mi guardarono molto male, ed ebbi paura, perché non vi erano testimoni e tutto sarebbe stato possibile (quando dico “il piccolo Davide” alludo anche alla mia corporatura, alla mia ossatura minuta). Ma lo scontro si limitò a reciproci sguardi di disprezzo e di sfida: il vecchio PCI, soprattutto nella sua roccaforte bolognese, non praticava la violenza fisica, si limitava ad umiliare in altri modi gli avversari.


Anche nel mio luogo di lavoro ebbi momenti di tensione. La mia soprintendenza allora, soprattutto nei ranghi custodeschi, era una cittadella del PCI. Dovevano ancora cambiare i tempi e non era ancora arrivato Pirazzo, che sarebbe riuscito incredibilmente ad espugnare la roccaforte e a sostituire la maggioranza CGIL con una maggioranza UIL.

All’epoca dei fatti che racconto io ero giunto da poco in questa sede di lavoro, trasferito da Parma, ed ero guardato male perché attivista e piccolo dirigente della CISL, ma sotto sotto ero molto stimato. Quando i miei colleghi progettarono di “decorare” la parete esterna dell’Istituto con uno striscione di propaganda per il “SI”, dovetti tirare fuori le palle. Io, solo contro tutti, li contrastai e li dissuasi.


Procedendo nella propaganda a tappeto, noi attivisti della CISL prendevamo forza ogni giorno di più. Si fiutava, si palpava nell’aria sempre più la possibilità di vittoria, come aveva scritto a tutti noi il Grande Capo. A quell’epoca i sondaggi non erano scientifici e professionali come oggi, ma la macchina del PCI aveva da sempre la sua capacità di tastare il polso alle masse, su tutto il territorio nazionale. Cominciavamo a leggere la paura negli occhi degli attivisti di fede avversa. E loro leggevano nei nostri una speranza crecente.


E si vinse. Mi trovavo a Roma, come coordinatore regionale supplente per l’Emilia Romagna in una riunione di settore, il giorno degli scrutini e dell’esito. La sera, a risultato acquisito, noi cislini doc di tutta Italia facemmo festa grande.


E fu festa grande per Pierre Carniti, che aveva giocato il tutto per tutto in quella sfida. Quest’uomo sobrio e schivo veniva ora inseguito dai giornalisti come una diva, e pronunciò parole taglienti e devastanti come colpi di accetta verso la politica adottata dal PCI. Faceva pagare con gli interessi l’umiliazione della “marcia su Roma” di un milione di lavoratori contro la concertazione di CISL E UIL, avvenuta il 24 marzo precedente.


Un anno dopo, il bilancio consuntivo di tutta l’operazione fu un trionfo ancora più grande per la CISL e per la UIL. Se rammentiamo che tutta la concertazione culminata nel decreto di S.Valentino riguardava non solo la predeterminazione della contingenza, ma altre misure per la restituzione ai lavoratori deL potere d’acquisto perduto con il blocco della scala mobile, questo fu l’esito:
“A distanza di un anno dagli accordi del 14 febbraio 1984, vengono resi noti i risultati concreti per i lavoratori. Con riferimento ai risparmi medi per una famiglia, in dodici mesi, A FRONTE DI UN MINOR INTROITO DI 175MILA LIRE A CAUSA DEL RAFFREDDAMENTO DEL MECCANISMO DI CONTINGENZA, I BENEFICI SONO STATI BEN SUPERIORI: 192MILA PER IL BLOCO DELL’EQUO CANONE, 96MILA PER L’INTEGRAZIONE DEGLI ASSEGNI FAMILIARI, 35MILA PER IL CONTENIMENTO DEL DRENAGGIO FISCALE, 200MILA PER LA RIDUZIONE DELL’INFLAZIONE. (tratto da internet).
(Continua)


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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:46 pm

Continua:
La fiera contrapposizione al PCI da parte di Pierre Carniti, e di tanti suoi seguaci come me, non tragga in inganno: non veniva disconosciuto il ruolo che aveva avuto storicamente in Italia quella forza, nell’avanzamento dei ceti più poveri e nella difesa della dignità della povera gente.


Né vi era alcuna forma di disprezzo verso i lavoratori, i militanti e gli stessi dirigenti che incarnavano quel movimento di massa. Tanto è vero che Pierre Carniti sarà poi uno dei leaders del movimento dei CRISTIANO SOCIALI, vale a dire uno dei fondatori del PDS. Io lo avrei seguito anche in queste scelte.


Ma che cosa era avvenuto per determinare, in quegli anni che andiamo rievocando, una contrapposizione così frontale, muro contro muro ?
Fra tutti i motivi che questa mia ricerca mi ha rivelato, confermando in certi casi i miei ricordi di quell’epoca, ne elencherò solo alcuni, espressi con il linguaggio dell’uomo della strada (non sono un politico, né professionista né dilettante: se legge queste note uno più ferrato di me, dovrà portare pazienza).


1) Durante il durissimo sciopero dell’80 alla FIAT, durato 35 giorni, Berlinguer aveva dovuto fare una scelta fra le due differenti anime che il suo partito aveva fino ad allora manifestato: quella per così dire massimalista, che predicava l’alternativa al capitalismo e la fuoriuscita da questo sistema, e quella per così dire “socialdemocratica”, che voleva la massima affermazione del partito e della classe che questo rappresentava senza abbattere il sistema. Ed aveva scelto la prima delle due diverse ispirazioni, come è testimoniato dal suo celebre e contestato discorso di appoggio all’occupazione della FIAT.


2) Questa opzione era stata fortemente sollecitata nel suo animo da un particolare episodio: la visita del Presidente Sandro Pertini in Irpinia, in occasione del terremoto. Lo scandalo denunciato alla televisione dal Presidente, riguardo all’inefficienza dell’opera di soccorso ed allo sfascio delle strutture dello Stato, scosse profondamente Berlinguer, che fece ai suoi più stretti collaboratori confidenze di questo tipo: “Dobbiamo farci avanti noi. Dobbiamo proporre una alternativa democratica a questo sistema” (parlando con Adalberto Minucci). “Non possiamo avere un presidente della Repubblica che fa più opposizione dell’opposizione” (parlando con Natta). Berlinguer sentì allora una spinta imperiosa ed imprescindibile, una vera necessità, di porre il suo partito come totalmente alternativo agli altri partiti ed al sistema, l’unica forza “diversa”, dei puri e dei virtuosi contro gli immorali. Questa “diversità” aveva come prezzo l’isolamento e come condizione il volontarismo in luogo della strategia politica. Questa “diversità” totale suscitò non poche perplessità e resistenze nei leaders storici del partito.


3) Berlinguer aveva aspramente rimproverato alla CGIL, fin dall’accordo-Scotti del 1983, di avere trasbordato dal suo ruolo, che doveva essere negoziale, per occuparsi di politica economica, la qual cosa spettava al Partito. Carniti e Benvenuto avevano un’ottica assolutamente diversa del ruolo del sindacato: per loro questa organizzazione doveva divenire a pieno titolo soggetto politico (ma non partito) che, come tale, rappresentasse gli interessi dei lavoratori nelle decisioni di politica economica. Come avviene in tutte le socialdemocrazie evolute, senza che i partiti politici si sentano menomati.


4) Quanto sopra ricordato avviene nei regimi socialdemocratici, e Berlinguer era del tutto coerente: non voleva che l’Italia diventasse una socialdemocrazia. Nel decisionismo craxiano e nelle concertazioni come quella che si incarnò nel decreto di S.Valentino vedeva questo rischio, e non si sbagliava. Contro questo pericolo, mortale per la sua concezione del Partito, egli intese usare il referendum abrogativo, come leva per abbattere Caxi, Questo ammette lo stesso massimo D’Alema, e fu lo stesso Berlinguer a riconoscere che nel decreto di S.Valentino non era tanto il merito da contestare (la predeterminazione della contingenza) quanto il metodo (aver voluto scavalcare il PCI, il vero rappresentante dei lavoratori nelle questioni politiche, e quindi anche di politica economica).


5) Condizioni come quelle contenute nel decreto di S.Valentino avrebbero potuto anche essere ACCETTATE DAL PCI, ma ad un altro livello di scambio centralizzato: con un altro interlocutore (che non fosse un concorrente a sinistra tanto pericoloso come Bettino Craxi) ed in cambio di un patto sociale che desse potere al PCI.


Si è detto che il partito non era convinto della impostazione data dal Segretario, che alla lunga risultò una impostazione suicida. Ma il primo a manifestare apertamente la propria contrarietà fu, non a caso, Luciano Lama. Traggo da internet (“Passato prossimo”, cap.7):


“Poco dopo che ha lasciato la segreteria generale della Cgil, nel libro “Intervista sul mio partito” (di Gian Paolo Pansa), Luciano Lama esprime senza mezzi termini un giudizio negativo della politica di Berlinguer. In particolare quella successiva al 1980. Lama dice infati che Berlinguer ha “cambiato in modo netto la sua politica” subito popo la sconfitta alla Fiat”, passando “quasi di colpo, ad una posizione opposta” che radicalizza le scelte e scava “un fossato sempre più profondo” con le altre forze della sinistra. A suo giudizio l’errore capitale di questa linea è quello di “considerare il PCI l’unica forza di sinistra”. Errore tanto più grave perché alimenta una polemica preconcetta verso Craxi, in un a situazione che, al contrario, avrebbe richiesto ben altro approccio con il PSI.


Ma, per uno di quei paradossi di cui la storia d’Italia è piena, lo “scarto” improvviso che Enrico Berlinguer imprime alla politica del suo partito produce contemporaneamente: il massimo isolamento del Pci (giustamente lamentato da Lama), ed il massimo splendore dell’immagine del suo segretario, celebrato in vita e post-mortem da un nutrito stuolo di agiografi. Lama (come sottolinea Piero Craveri nel saggio: “l’ultimo Berlinguer e la questione socialista” è, comunque, il primo dirigente comunista ad esprimersi pubblicamente e con toni fortemente critici su Berlinguer.”.
(Continua)


Ultima modifica di Admin il Mer Lug 28, 2010 9:58 pm - modificato 3 volte.

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:47 pm

Abbiamo fino ad ora concentrato l’attenzione su due fasi isolate di quel processo sofferto che porterà alla abolizione della scala mobile, quella evoluzione (o degenerazione, a seconda dei punti di vista) che terminerà con il nobile sacrificio di Bruno Trentin e la fine di ogni indennità di contingenza.

Per contestualizzare le analisi fin qui compiute ed avere una panoramica d’insieme è opportuno ricorrere ad un testo divulgativo sintetico. Il migliore fra tutti i “manuali” di scala mobile reperibili in rete è a mio avviso quello pubblicato dalla FIOM, che mi è stato segnalato da Giuseppe Pirazzo.


Per chi è interessato, segue l’indirizzo informatico:
http://www.lomb.cgil.it/fiommi/abc/cont ... genza.html


A questo testo desidero aggiungere qualche nota:


1) Contingenza – Nel corso del 1945, con tappe alterne, si arriva al riconoscimento di una indennità di contingenza per le aziende del Nord (chiamata così perché era espressamente considerata una erogazione “contingente” e non ripetibile a fronte di una particolare fase di aumento dei prezzi).
La cosa si rese possibile anche con l’avallo di Confindustria (che la considerava, appunto, una “contingenza” temporale), sia per contenere il vasto movimento di lotta (estesosi appunto nelle aziende del Nord) contro il vertiginoso aumento dei prezzi che aveva caratterizzato l’immediato dopoguerra, sia per non compromettere il precedente modello contrattuale sul quale rischiavano allora di scaricarsi tutte le tensioni e le richieste salariali.
(tratto da Internet)


2) Il valore del punto di contingenza ha conosciuto negli anni molte oscillazioni, e differenze legate all’età dei lavoratori, al sesso ed alla qualifica professionale, nonché alle aree geografiche. Chi scrive queste note non ha mai potuto apprendere le ragioni della contrarietà sindacale confederale alle differenze territoriali, rapportate alle diverse dinamiche del caro-vita che indubbiamente si manifestano nel territorio italiano, rendendolo disomogeneo. Perché NO ALLE GABBIE SALARIALI, in sostanza. Se qualche sindacalista o qualche esperto di passaggio mi potesse illuminare…


3) Si è detto che nel disperato tentativo di mantenere l’unità sindacale Luciano Lama (nobilissimo leader) contrappose alla tesi di Tarantelli e Carniti sulla predeterminazione, tesi che verrà accolta nel decreto di S:Valentino, una diversa proposta. Esaminiamola nel dettaglio (quanto segue è tratto da internet (“Passato prossimo”, cap.7):

“Sul punto dell’indicizzazione salariale avanza… una proposta non solo farraginosa, ma anche potenzialmente dannosa. La proposta di Lama (che è il faticoso risultato di una mediazione all’interno della segreteria della Cgil) prevede: l’accettazione di un tetto programmato come limite alla crescita del salario nominale, ed alla condizione che, in caso di inflazione superiore, si dia luogo ad un recupero salariale a spese del bilancio pubblico, attraverso un automatico recupero sulle trattenute fiscali, o contributive.

In sostanza la proposta di Lama ha il duplice scopo: di disinnescare la contestazione del Pci e dei suoi seguaci nel sindacato verso la fissazione di un tetto alla dinamica del salario nominale; e di tranquillizzare il padronato (in omaggio alla vecchia politica comunista del “Patto tra produttori”) che se l’inflazione andrà oltre il tetto stabilito a pagare non saranno le imprese, ma lo Stato.

Ma la soluzione proposta ha però il non piccolo inconveniente di non essere di grande utilità nella lotta all’inflazione. Perché a differenza della predeterminazione che agisce *ex-ante* (e quindi sulle aspettative inflazionistiche), il contenimento della dinamica del salario nominale si fa *ex-post* (quando l’inflazione ormai si è prodotta). Per di più, nel caso l’inflazione risulti superiore all’obiettivo indicato, il conguaglio dei salari avviene a spese del bilancio dello Stato. Con il risultato di aggravare il debito pubblico ed in questo modo l’inflazione.”.
(Continua)

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:49 pm

Forse è tempo di conclusioni. E verrebbe da dire che la montagna partorisce un topolino, anzi nemmeno: non ho da offrire alcun contributo, oltre questa ricerca appena divulgata, se non le mie incertezze.

Che fare ? CI schieriamo a favore o contro un ripristino della SCALA MOBILE ? Io continuo ad essere indeciso, e vi esporrò i motivi. Questa mia incertezza, ad onta delle mie personali “tradizioni” (non sono mai stato un vile che non sceglie) potrà questa volta essere risolta soltanto, forse, da una richiesta esterna di pronunciamento.

Se si giungerà ad un referendum (che non potrà essere che sindacale, perché non c’è una legge da abrogare), l’impellenza morale, la necessità di dare una risposta al quesito (SI O NO ALLA SCALA MOBILE), unitamente al mio orgoglio personale (VOGLI0 ESSERE UN UOMO E NON UN MOLLUSCO), farà scaturire dal mio animo, dalle scaturigini più profonde del mio io individuale, quella opzione di valore che in questo caso si impone su quella contraria per una sfumatura, per un DECIMALE DI PUNTO IN Più.

Se uno è veramente favorevole alla libertà di divorzio o di aborto non fa testo che lo dica in un qualsiasi momento al bar con gli amici, ma a se stesso poco prima di andare a votare, e poi nel segreto dell’urna. Così è pure per la SCALA MOBILE.


I motivi del mio travaglio:
1) la scala mobile mi appare, senza alcun dubbio, foriera di inflazione. Nella mia ricerca ho incontrato a più riprese e prevalentemente la tesi opposta, quella della sinistra radicale, che considera un pregiudizio questo convincimento, e tenta di dimostrarne l’infondatezza.

Queste “dimostrazioni” non mi hanno minimamente convinto. Se qualcuno vuole sostenere queste tesi in questo topic è il benvenuto, si faccia avanti e mi corregga. A me pare evidente: SCALA MOBILE = INFLAZIONE. Ricordo gli spaventi della mia famiglia e di tante altre famiglie italiane al tempo del fulgore massimo dalla scala mobile e della inflazione a doppia cifra: ci si difendeva quotidianamente nel fare la spesa, ma si era angosciati per il futuro più che oggi.

Negare “SCALA MOBILE = INFLAZIONE” a me pare una impostazione marxista leninista del *tanto peggio, tanto meglio*, voler affondare la nostra economia anziché salvarla.


2) a mali estremi estremi rimedi: questo motto proverbiale sembra coniato apposta per la SCALA MOBILE, che è sempre stata lanciata e rilanciata in situazioni disperate.

Nonostante produca inflazione, la scala mobile tampona le crisi più gravi, non altrimenti gestibili. Per evitare la fame del popolo ( e quando il popolo ha fame si rivolta !) può essere opportuno introdurre o reintrodurre una scala mobile. Si penserà a come toglierla in tempi migliori, superata l’emergenza.

Forse, ci stiamo avvicinando con ampie falcate, forse siamo già arrivati, allo stadio sociologico da me ipotizzato come “ EMERGENZA DA SCALA MOBILE”.


3) Uno degli inconvenienti più gravi della scala mobile, oltre all’incremento dell’inflazione, è ritenuto essere L’APPIATTIMENTO RETRIBUTIVO, IL RESTRINGIMENTO DEL VENTAGLIO RETRIBUTIVO. La scala mobile è di certo il principale ostacolo al sistema premiante, al riconoscimento della professionalità, al sistema meritocratico.

Ma qui, ciò che a molti appare negativo, a me appare “positivo” o comunque il male minore. Sono uno che credette nella meritocrazia e si è ricreduto, come ho spiegato in tanti post. Seguirà forse un altro post di chiarificazione.

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Messaggio  Admin Sab Ago 15, 2009 5:51 pm

Riprendo il discorso dopo tanto tempo:
Questo lunghissimo topic, quasi monografico, sulla scala mobile, era rimasto un’opera incompiuta.
Mancava l’ultimo anello, vale a dire il riferimento, almeno informativo, alla realtà sindacale attuale.

E’ sotto gli occhi di tutti i lavoratori il cammino compiuto negli ultimi tempi dalle tre maggiori organizzazioni di rappresentanza, quel cammino che si è concluso ieri (15-4-2009) con la firma da parte di Cisl e Uil dell’accordo sulle nuove regole della contrattazione, e con il rifiuto della Cgil a sottoscrivere lo stesso accordo. Storce il naso Carniti su questo accordo, e quel piccolo italiota dello scrivente lo storce ancor più.


Una delle maggiori discriminanti o cause del dissenso fra le tre grandi confederazioni sembra essere stata proprio la vecchia questione del salario totalmente o fortemente indicizzato, la vecchia scala mobile camuffata, nascosta e serpeggiante,


Negli ultimi mesi era evidente come la Cgil di Epifani volesse recuperare antichi automatismi di adeguamento salariale battezzandoli con un nome nuovo, era evidente da dibattiti, interviste e prove di mobilitazione. Il rifiuto della firma delle nuove regole ha convinto ancora di più che questa percezione fosse veritiera.


La posizione della Cisl e della UIl è stata concorde e viene esemplificata da alcune dichiarazioni di Angeletti riportate dalla stampa:

“Angeletti guarda positivamente alla conferma dei due livelli contrattuali, nazionale e aziendale, e al fatto che si prenda come riferimento per il rinnovo dei contratti nazionali non piu' l'indice di inflazione programmata, 'ma un indice previsivo di tre anni, stabilito da un ente esterno, non inflazionistico e depurato dall'inflazione importata dei prodotti petroliferi'. La posizione divergente di Cgil su questo punto, dice, dimostra che il sindacato 'persegue la vecchia logica della scala mobile'.” (http://209.85.129.132/search?q=cache:Je ... lr=lang_it);


“ANSA) - ROMA, 25 FEB - ''Non credo che esista ne' esistera' un Parlamento che voglia ripristinare la scala mobile''. Lo sostiene il segretario della Uil, Luigi Angeletti a Sky Tg24 Economia. Per Angeletti si tratta infatti di ''un meccanismo che abbiamo combattuto per una quindicina d'anni - ha aggiunto - e abbiamo fatto grande fatica a spiegare che non era il massimo neanche per i lavoratori dipendenti''.(ANSA)”
(.http://209.85.129.132/search?q=cache:_K ... lr=lang_it).


Una opinione personalissima di chi scrive queste note: la divaricazione fra i tre maggiori sindacati non finisce qui, è appena cominciata.
Il conflitto sociale e culturale è dei più tosti: VOGLIAMO LA MERITOCRAZIA (esaltando il secondo livello di contrattazione) o VOGLIAMO DIFENDERE IL SALARIO, LA SOPRAVVIVENZA DIGNITOSA DEI PIU’ POVERI (tramite una nuova forma di SCALA MOBILE) ?


Tutte e due le istanze non si possono realizzare. In una economia che implode, in un sistema globalizzato-recessivo come quello attuale si deve scegliere: non possiamo, ora più che mai, avere la botte piena e la moglie ubriaca. In un pianeta che sta esaurendo le sue risorse, e che noi stiamo devastando irreversibilmente con l’entropia della produzione industriale, si imporrà sempre di più un AUT-AUT: o mangiamo tutti parcamente ma a sazietà, o togliamo la minestra ai poveri e agli inetti per dare il dolce ai ricchi ed ai BRAVI.


Io ho fatto la mia scelta, sono con la linea della CGIL oggi come fui con quella della CISL ieri. Ieri la CGIL aveva torto, oggi ha ragione.
Davide Selis.

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