Un vecchietto in rivolta
VIVA I BIDELLI :: *Gli altri sono "i belli" e noi siamo "i bidelli"* :: Temi politici, sociali ed un po' filosofici
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Re: Un vecchietto in rivolta
La seconda accezione del termine “benessere”, che il mio vocabolario mi fornisce, è il sinonimo di “agiatezza”. E credo che fosse questo il significato che marcow teneva di mira. Una risposta indiretta, efficace, a convincimenti o preoccupazioni di questo tipo ci è data dal bellissimo libro di Maurizio Pallante “La decrescita felice” (Editori Riuniti).
Riporterò una parte del capitolo 11, intitolato “Cambieresti?”:
“Sei nella tua automobile imbottigliata nel traffico, come tutte le mattine. Guardi davanti a te. Tre file compatte di automobili sparano gas di scarico nel cielo grigio. Senza muovere la testa giri gli occhi verso lo specchietto retrovisore: tre file compatte di automobili sparano gas di scarico nel cielo grigio. Ruoti leggermente la testa prima a destra, poi a sinistra. Alla tua destra una automobile con una persona al volante che fissa lo sguardo nel vuoto. Alla tua sinistra un'automobile con una perona al volante che fissa lo sguardo nel vuoto. Dall'altra parte dello spartitraffico tre file compatte di automobili ferme nella direzione opposta sparano gas di scarico nel cielo grigio. In ogni automobile una sola persona. Tutte in paziente attesa che la situazione si sblocchi, come tute le mattine. Dalla radio senti e dalle radio delle altre automobili sentono il presidente del consiglio respingere le critiche dell'opposizione che lo accusa di AVER IMPOVERITO IL PAESE PERCHÉ NON È STATO CAPACE DI FAR CRESCERE L'ECONOMIA. Non è vero, dice, basta guardare le file delle automobili alla mattina. In ogni automobile c'è una sola persona. Se abbiamo un'automobile a testa vuol dire che siamo un paese ricco: tu, nella tua automobile nuova, lo ascolti e pensi alla rata in scadenza. L'estare scorsa non hai saputo resistere. Era così bella che te ne sei innamorato a prima vista. Prima di comprarla ti sei documentato bene su Quattroruote, ne hai parlato con i colleghi nella pausa caffè, hai fatto vedere il dépliant in famiglia. I bambini erano eccitati come te. Guardavate con un'attenzione particolare lo spot pubblicitario che la presentava in televisione. È lei, è proprio bella. Quando hai sentito che potevi averla senza versare neanche un euro d'anticipo, pagando la prima rata dopo le ferie, avete rotto gli indugi e siete andati a ritirarla dal concessionario. Eravate felici come pasque. E ora sei qui, imbottigliato nel traffico, come con la macchina che avevi prima. Domani sarà lo stesso e sarà lo stesso il prossimo anno e per i prossimi trent'anni, perché per far vivere la tua famiglia devi comprare tutto e devi comprare tutto perché non sai fare nient'altro che muovere il mouse. Se non guadagnassi dei soldi muovendo il mouse non potresti nemmeno pagare le rate di questa automobile nuova con cui ti metti in coda tutte le mattine per andare a muovere il mouse. E non pui fare nemmeno sciopero come tuo padre per avere più soldi in busta paga perché adesso licenziano senza pensarci tanto. Sai quanti ce ne sono a spasso capaci di muovere il mouse come te e meglio di te?
Se abbiamo un'automobile a testa e ogni mattina ci sono code interminabili di automobili con una sola persona a bordo, non vuol dire, come sostiene il presidente del consiglio, che siamo un popolo ricco. Vuol dire che abbiamo abdicato alla facoltà di pensare e siamo stati anestetizzati in modo irreversibile.
(Continua)
Riporterò una parte del capitolo 11, intitolato “Cambieresti?”:
“Sei nella tua automobile imbottigliata nel traffico, come tutte le mattine. Guardi davanti a te. Tre file compatte di automobili sparano gas di scarico nel cielo grigio. Senza muovere la testa giri gli occhi verso lo specchietto retrovisore: tre file compatte di automobili sparano gas di scarico nel cielo grigio. Ruoti leggermente la testa prima a destra, poi a sinistra. Alla tua destra una automobile con una persona al volante che fissa lo sguardo nel vuoto. Alla tua sinistra un'automobile con una perona al volante che fissa lo sguardo nel vuoto. Dall'altra parte dello spartitraffico tre file compatte di automobili ferme nella direzione opposta sparano gas di scarico nel cielo grigio. In ogni automobile una sola persona. Tutte in paziente attesa che la situazione si sblocchi, come tute le mattine. Dalla radio senti e dalle radio delle altre automobili sentono il presidente del consiglio respingere le critiche dell'opposizione che lo accusa di AVER IMPOVERITO IL PAESE PERCHÉ NON È STATO CAPACE DI FAR CRESCERE L'ECONOMIA. Non è vero, dice, basta guardare le file delle automobili alla mattina. In ogni automobile c'è una sola persona. Se abbiamo un'automobile a testa vuol dire che siamo un paese ricco: tu, nella tua automobile nuova, lo ascolti e pensi alla rata in scadenza. L'estare scorsa non hai saputo resistere. Era così bella che te ne sei innamorato a prima vista. Prima di comprarla ti sei documentato bene su Quattroruote, ne hai parlato con i colleghi nella pausa caffè, hai fatto vedere il dépliant in famiglia. I bambini erano eccitati come te. Guardavate con un'attenzione particolare lo spot pubblicitario che la presentava in televisione. È lei, è proprio bella. Quando hai sentito che potevi averla senza versare neanche un euro d'anticipo, pagando la prima rata dopo le ferie, avete rotto gli indugi e siete andati a ritirarla dal concessionario. Eravate felici come pasque. E ora sei qui, imbottigliato nel traffico, come con la macchina che avevi prima. Domani sarà lo stesso e sarà lo stesso il prossimo anno e per i prossimi trent'anni, perché per far vivere la tua famiglia devi comprare tutto e devi comprare tutto perché non sai fare nient'altro che muovere il mouse. Se non guadagnassi dei soldi muovendo il mouse non potresti nemmeno pagare le rate di questa automobile nuova con cui ti metti in coda tutte le mattine per andare a muovere il mouse. E non pui fare nemmeno sciopero come tuo padre per avere più soldi in busta paga perché adesso licenziano senza pensarci tanto. Sai quanti ce ne sono a spasso capaci di muovere il mouse come te e meglio di te?
Se abbiamo un'automobile a testa e ogni mattina ci sono code interminabili di automobili con una sola persona a bordo, non vuol dire, come sostiene il presidente del consiglio, che siamo un popolo ricco. Vuol dire che abbiamo abdicato alla facoltà di pensare e siamo stati anestetizzati in modo irreversibile.
(Continua)
italiota- Messaggi : 36
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Re: Un vecchietto in rivolta
Continua:
Se abbiamo un'automobile a testa e ogni mattina ci sono code interminabili di automobili con una sola persona a bordo, non vuol dire, come sostiene il presidente del consiglio, che siamo un popolo ricco. Vuol dire che abbiamo abdicato alla facoltà di pensare e siamo stati anestetizzati in modo irreversibile.
Non ci rendiamo più conto di quanto sia assurdo incolonnarsi in code interminabili ogni mattina e non sentiamo più la sofferenza che genera. Chi mantiene un barlume di pensiero e di sensibilità si nasconde dietro l'alibi di non poter fare diversamente. Di non avere altra scelta. Di essere costretto a farlo perché deve guadagnare i soldi per vivere. Basta approfondire un po' perché venga fuori la convinzione che sì, bisogna pagare qualche prezzo al progresso, però viviamo in un modo incomparabilmente migliore di ogni epoca passata. Non c'è mai stato tanto benessere. La durata della vita si è allungata. La scienza e ka tecnologia hanno fatto miracoli. E se oggi il progresso ci crea qualche problema, domani ce li risolverà. Benvenuti nell'era dell'ottimismo, berciava un intellettuale assoldato per ribadire, attraverso l'esaltazione euforica del consumo di cose, l'abdicazione al pensiero e l'anestesia alla sofferenza. Nonostante gli alibi della necessità, incolonnarsi ogni giorno per ore nel tragitto casa-lavoro-casa e ogni fine settimana per ore nel tragitto dalle città-lavoro alle città-vacanza alle città-lavoro è una libera scelta. Nessuno obbliga
nessuno a farlo. E' un modello di vita funzionale alla crescita della produzione di merci che viene interiorizzato culturalmente sin dal quarto mese di vita da chi viene impachettato di prima mattina e lasciato in fretta all'asilo nido dove resterà tutto il giorno, dal quarto anno da chi ha la fortuna di subire la stessa sorte a partire dalla scuola materna, dal settimo dagli ormai rarissimi privilegiati che riescono a scamparla fino all'inizio della scuola dell'obbligo. Passi tutto il giorno in un luogo diverso dalla tua casa, costretto a condividere con altri la tua giornata e l'attenzione degli adulti preposti a seguirti al posto dei tuoi genitori, che devono lavorare tutto il giorno per avere i soldi necessari a comprarti il necessario e il superfluo. Ne deduci che l'unico modo di avere il necessario e il superfluo è comprarlo, che se non si ha la possibilità di comprare non si può vivere, che la lontananza dai genitori per tutto il giorno è inevitabile. Per tutti i tuoi coetanei è così. Questo è l'unico modo di vivere che i tuoi e i loro genitori riescono a concepire. Ti ripetono in continuazione che è molto migliore di come si viveva in passato,quando c'era meno ricchezza e c'erano meno comodità, quando la scienza e la tecnologia non avevano raggiunto questi livelli.
(Continua)
Se abbiamo un'automobile a testa e ogni mattina ci sono code interminabili di automobili con una sola persona a bordo, non vuol dire, come sostiene il presidente del consiglio, che siamo un popolo ricco. Vuol dire che abbiamo abdicato alla facoltà di pensare e siamo stati anestetizzati in modo irreversibile.
Non ci rendiamo più conto di quanto sia assurdo incolonnarsi in code interminabili ogni mattina e non sentiamo più la sofferenza che genera. Chi mantiene un barlume di pensiero e di sensibilità si nasconde dietro l'alibi di non poter fare diversamente. Di non avere altra scelta. Di essere costretto a farlo perché deve guadagnare i soldi per vivere. Basta approfondire un po' perché venga fuori la convinzione che sì, bisogna pagare qualche prezzo al progresso, però viviamo in un modo incomparabilmente migliore di ogni epoca passata. Non c'è mai stato tanto benessere. La durata della vita si è allungata. La scienza e ka tecnologia hanno fatto miracoli. E se oggi il progresso ci crea qualche problema, domani ce li risolverà. Benvenuti nell'era dell'ottimismo, berciava un intellettuale assoldato per ribadire, attraverso l'esaltazione euforica del consumo di cose, l'abdicazione al pensiero e l'anestesia alla sofferenza. Nonostante gli alibi della necessità, incolonnarsi ogni giorno per ore nel tragitto casa-lavoro-casa e ogni fine settimana per ore nel tragitto dalle città-lavoro alle città-vacanza alle città-lavoro è una libera scelta. Nessuno obbliga
nessuno a farlo. E' un modello di vita funzionale alla crescita della produzione di merci che viene interiorizzato culturalmente sin dal quarto mese di vita da chi viene impachettato di prima mattina e lasciato in fretta all'asilo nido dove resterà tutto il giorno, dal quarto anno da chi ha la fortuna di subire la stessa sorte a partire dalla scuola materna, dal settimo dagli ormai rarissimi privilegiati che riescono a scamparla fino all'inizio della scuola dell'obbligo. Passi tutto il giorno in un luogo diverso dalla tua casa, costretto a condividere con altri la tua giornata e l'attenzione degli adulti preposti a seguirti al posto dei tuoi genitori, che devono lavorare tutto il giorno per avere i soldi necessari a comprarti il necessario e il superfluo. Ne deduci che l'unico modo di avere il necessario e il superfluo è comprarlo, che se non si ha la possibilità di comprare non si può vivere, che la lontananza dai genitori per tutto il giorno è inevitabile. Per tutti i tuoi coetanei è così. Questo è l'unico modo di vivere che i tuoi e i loro genitori riescono a concepire. Ti ripetono in continuazione che è molto migliore di come si viveva in passato,quando c'era meno ricchezza e c'erano meno comodità, quando la scienza e la tecnologia non avevano raggiunto questi livelli.
(Continua)
italiota- Messaggi : 36
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Re: Un vecchietto in rivolta
Continua:
Ti ripetono in continuazione che è molto migliore di come si viveva in passato,quando c'era meno ricchezza e c'erano meno comodità, quando la scienza e la tecnologia non avevano raggiunto questi livelli. Quando i tuoi nonni erano bambini non esisteva la televisione e i loro genitori non avevano l'automobile. Quando noi avevamo la tua età non c'erano i telefonini. Tutto intorno a te ripete ossessivamente che le cose fanno felici, lo dicono i tuoi compagni, i loro genitori e i tuoi, i programmi televisivi, le pubblicità. Dopo un trattamento di questo genere, è molto probabile che tu non riesca nemmeno a immaginare che si possa vivere diversamente. É molto probabile che quando arriverà il tuo turno andrai a imbottigliarti ogni giorno con lo sguardo perso nel vuoto in qualche triplice coda di automobili sul tragitto casa-lavoro-casa. Hai solo una possibilità di scampare a questa condanna. Che l'anestesia non sia riuscita a eliminare del tutto la sofferenza. Solo un profondo disagio esistenziale per i vincoli di questo modo di vivere può indurti a desiderarne un altro, anche senza sapere come potrebbe essere.
Il primo passo da compiere per sciogliersi da questi vincoli è capire che la crescita non è al servizio degli uomini, ma gli uomini sono al servizio della crescita, che li subordina alle sue esigenze costringendoli a produrre quantità sempre maggiori di merci e a consumarle per continuare a produrne quantità sempre maggiori. Per liberarsi da questa duplice subordinazione e diventare padroni del proprio destino occorre ridurre l'incidenza delle merci nella propria vita, acquistando solo l'indispensabile senza cedere alle false lusinghe del consumismo, ampliando l'autoproduzione di beni e potenziando gli scambi non mercantili. Se si dipende totalmente dalle merci non si può far altro che adeguarsi al modo di vivere imposto dalla crescita. Non si può evitare d'imbottigliarsi ogni giorno in qualche coda automobilistica nei tragitti casa-lavoro-casa. Se, invece, una parte dei beni necessari alla sopravvivenza si autoproduce e una parte si scambia sotto forma di doni reciproci all'interno di una rete di legami sociali fondati sulla solidarietà, la dipendenza dalle merci si riduce. Se ne possono comprare di meno, per cui basta un reddito monetario inferiore. Si può evitare d'imbottigliarsi ogni giorno in qualche triplice coda automobilistica nei tragitti casa-lavoro-casa e si può organizzare la vita in base alle proprie esigenze....”
(Continua)
Ti ripetono in continuazione che è molto migliore di come si viveva in passato,quando c'era meno ricchezza e c'erano meno comodità, quando la scienza e la tecnologia non avevano raggiunto questi livelli. Quando i tuoi nonni erano bambini non esisteva la televisione e i loro genitori non avevano l'automobile. Quando noi avevamo la tua età non c'erano i telefonini. Tutto intorno a te ripete ossessivamente che le cose fanno felici, lo dicono i tuoi compagni, i loro genitori e i tuoi, i programmi televisivi, le pubblicità. Dopo un trattamento di questo genere, è molto probabile che tu non riesca nemmeno a immaginare che si possa vivere diversamente. É molto probabile che quando arriverà il tuo turno andrai a imbottigliarti ogni giorno con lo sguardo perso nel vuoto in qualche triplice coda di automobili sul tragitto casa-lavoro-casa. Hai solo una possibilità di scampare a questa condanna. Che l'anestesia non sia riuscita a eliminare del tutto la sofferenza. Solo un profondo disagio esistenziale per i vincoli di questo modo di vivere può indurti a desiderarne un altro, anche senza sapere come potrebbe essere.
Il primo passo da compiere per sciogliersi da questi vincoli è capire che la crescita non è al servizio degli uomini, ma gli uomini sono al servizio della crescita, che li subordina alle sue esigenze costringendoli a produrre quantità sempre maggiori di merci e a consumarle per continuare a produrne quantità sempre maggiori. Per liberarsi da questa duplice subordinazione e diventare padroni del proprio destino occorre ridurre l'incidenza delle merci nella propria vita, acquistando solo l'indispensabile senza cedere alle false lusinghe del consumismo, ampliando l'autoproduzione di beni e potenziando gli scambi non mercantili. Se si dipende totalmente dalle merci non si può far altro che adeguarsi al modo di vivere imposto dalla crescita. Non si può evitare d'imbottigliarsi ogni giorno in qualche coda automobilistica nei tragitti casa-lavoro-casa. Se, invece, una parte dei beni necessari alla sopravvivenza si autoproduce e una parte si scambia sotto forma di doni reciproci all'interno di una rete di legami sociali fondati sulla solidarietà, la dipendenza dalle merci si riduce. Se ne possono comprare di meno, per cui basta un reddito monetario inferiore. Si può evitare d'imbottigliarsi ogni giorno in qualche triplice coda automobilistica nei tragitti casa-lavoro-casa e si può organizzare la vita in base alle proprie esigenze....”
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Re: Un vecchietto in rivolta
Continua:
La lunga citazione di Pallante, alla quale sono dedicati i tre post precedenti, è già una risposta sufficiente, e sufficientemente chiara, alle obiezioni di Marcow circa un presunto, inevitabile calo di benessere dovuto alla pratica della decrescita. Ma dato che in questo topic si espone una confessione autobiografica (e non si sta elaborando una tesi), come soggettiva replica a Marcow mi permetto anche di richiamare una personale rappresentazione dell'umanità futura: voglio ricordare quella prefigurazione di vita collettiva parca e serena, non più consumistica, a cui ho fatto cenno più sopra, raccontando le mie suggestioni mentali al termine della assemblea-conferenza di Giorgio Cremaschi, allorché sognai, come conclusione della bella serata di gruppo, acqua pura per tutti arricchita al massimo da qualche goccia di limone, in luogo della pizza o del gelato ipercalorici. Se il “benessere” è anche sinonimo di “felicità”, o perlomeno a tale condizione si rapporta, io NON HO DUBBI CHE SI STAREBBE MEGLIO CONSUMANDO DI MENO.
Ma l'obiezione di marcow alla decrescita indica comunque una difficoltà che non voglio negare e nemmeno sottovalutare: anche a me pare che una decrescita vera e totale, funzionale alla salvezza del nostro pianeta, debba essere una pratica “planetaria”, debba cioè essere praticata da tutte le comunità nazionali, per attuarsi e per raggiungere il suo scopo. Tuttavia l'intuizione mi dice anche che qualche passo virtuoso un singolo stato potrebbe compierlo per suo conto, aumentando in questo modo la felicità dei suoi cittadini, anziché diminuirla. Così come è possibile intraprendere una strada di decrescita individualmente, limitando i consumi personali ed orientandoli in modo diverso: quelli che già lo stanno facendo come scelta di vita, ci provano molto gusto. Per quanto riguarda il nostro Paese, esso è una nazione importante nella comunità internazionale, conta qualcosa sia sul piano economico che su quello culturale. Una Italia convertita alla causa della decrescita potrebbe fare opera di divulgazione di questo ideale; puntare a far prevalere delibere virtuose negli organismi internazionali; promuovere “cartelli” o alleanze di stati virtuosi, improntati alla nuova economia non più capitalistica, per compiere insieme dei passi che esigono collaborazione... Tutte cose che la nostra Italia non sta facendo: se anche fosse vero che la decrescita si può praticare soltanto tutti assieme... tentare di convincere e coinvolgere gli altri sarebbe un modo per iniziare a percorrere questa strada...
(continua)
La lunga citazione di Pallante, alla quale sono dedicati i tre post precedenti, è già una risposta sufficiente, e sufficientemente chiara, alle obiezioni di Marcow circa un presunto, inevitabile calo di benessere dovuto alla pratica della decrescita. Ma dato che in questo topic si espone una confessione autobiografica (e non si sta elaborando una tesi), come soggettiva replica a Marcow mi permetto anche di richiamare una personale rappresentazione dell'umanità futura: voglio ricordare quella prefigurazione di vita collettiva parca e serena, non più consumistica, a cui ho fatto cenno più sopra, raccontando le mie suggestioni mentali al termine della assemblea-conferenza di Giorgio Cremaschi, allorché sognai, come conclusione della bella serata di gruppo, acqua pura per tutti arricchita al massimo da qualche goccia di limone, in luogo della pizza o del gelato ipercalorici. Se il “benessere” è anche sinonimo di “felicità”, o perlomeno a tale condizione si rapporta, io NON HO DUBBI CHE SI STAREBBE MEGLIO CONSUMANDO DI MENO.
Ma l'obiezione di marcow alla decrescita indica comunque una difficoltà che non voglio negare e nemmeno sottovalutare: anche a me pare che una decrescita vera e totale, funzionale alla salvezza del nostro pianeta, debba essere una pratica “planetaria”, debba cioè essere praticata da tutte le comunità nazionali, per attuarsi e per raggiungere il suo scopo. Tuttavia l'intuizione mi dice anche che qualche passo virtuoso un singolo stato potrebbe compierlo per suo conto, aumentando in questo modo la felicità dei suoi cittadini, anziché diminuirla. Così come è possibile intraprendere una strada di decrescita individualmente, limitando i consumi personali ed orientandoli in modo diverso: quelli che già lo stanno facendo come scelta di vita, ci provano molto gusto. Per quanto riguarda il nostro Paese, esso è una nazione importante nella comunità internazionale, conta qualcosa sia sul piano economico che su quello culturale. Una Italia convertita alla causa della decrescita potrebbe fare opera di divulgazione di questo ideale; puntare a far prevalere delibere virtuose negli organismi internazionali; promuovere “cartelli” o alleanze di stati virtuosi, improntati alla nuova economia non più capitalistica, per compiere insieme dei passi che esigono collaborazione... Tutte cose che la nostra Italia non sta facendo: se anche fosse vero che la decrescita si può praticare soltanto tutti assieme... tentare di convincere e coinvolgere gli altri sarebbe un modo per iniziare a percorrere questa strada...
(continua)
italiota- Messaggi : 36
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Re: Un vecchietto in rivolta
Continua:
Mentre qui stiamo teorizzando, la società italiana è in pieno travaglio e sembra che stia drammaticamente implodendo; forse addirittura è vicina al crollo. Vi sono state da poco le elezioni politiche ed io ho compiuto la stessa scelta di voto del mitico Franco Berardi detto Bifo, per motivazioni molto simili alle sue, a vantaggio del “Movimento 5stelle” ( https://vivaibidelli.forumattivo.com/t579-elezioni-io-con-bifo ). Il fatto che io accetti una linea politica che punta alla non-governabilità dell'Italia, al fine di incasinare e possibilmente distruggere l' Europa comunitaria, può apparire una scelta stridente con il mio passato. Ed infatti, qualche persona superficiale mi ha attribuito recentemente l'ispirazione politica del “tanto peggio, tanto meglio” (l'orientamento di strategia che andava di moda negli anni caldi della contestazione, una impostazione che io ho sempre odiato e combattuto).
Allora, come si spiega la mia apparente contraddizione? Perché mai ieri io rifiutavo il “TANTO PEGGIO, TANTO MEGLIO”, mentre oggi dico SÌ a qualcosa di simile?
Ho già detto a più riprese che “a mali estremi, estremi rimedi”. Ma non è soltanto una differenza quantitativa che intercorre, fra il malessere di ieri e quello di oggi. La situazione italiana attuale presenta infatti delle radicali differenze di qualità, rispetto al passato:
1) ieri si credeva possibile che la crescita dell'economia continuasse all'infinito. Non ci credevano i marxisti, ma non perché fossero più smaliziati (come sono oggi i seguaci di Serge Latouche), bensì per ragioni “dialettiche”, per cause immanenti alla dinamica storica, contemplate nello schema del determinismo marxiano. Non ci credevano perché erano più acritici dei liberisti e dei socialdemocratici, non perché fossero più avveduti. A tutti quelli che non credevano alle necessità evolutive prefigurate e descritte dal materialismo storico, la crescita dell'economia capitalistica appariva potenzialmente illimitata. Si trattava dunque di scegliere, per il futuro dell'umanità, tra un progresso economico che sarebbe stato pur sempre diseguale ed ingiusto, ma avrebbe assicurato anche ai poveri un benessere progressivo, in continua espansione, e una dignitosa povertà di massa, ripartita in parti eguali.
2) Si trattava di scegliere fra la “società imperfetta” di Milovan Gilas, società delle riforme, società sempre perfettibile, e la “società perfetta” uscita da una rivoluzione sanguinosa, società statica, monotona, ostile all'individuo e alle sue libertà.
3) Fare la rivoluzione ieri significava compiere una scelta di campo, optare per il blocco planetario socialista e per le sue oppressioni.
4) Essere rivoluzionari ieri significava adottare il “pensiero forte” marxista-leninista, e con ciò decretare in se stessi la morte di ogni dubbio, parziale dissenso, personale modulazione critica, frammento di pensiero alternativo, possibilità di cambiamento o evoluzione: una cappa di piombo per spiriti liberi.
Oggi, a differenza di ieri, è evidente che la CRESCITA economica non può procedere all'infinito, ed anzi sta ormai giungendo al suo capolinea inevitabile, per i limiti naturali del nostro pianeta. L'alternativa socialdemocratica al socialismo-in parti-eguali, quella alternativa che ieri appariva tanto seducente, perde tutto il suo fascino se viene privata del suo presupposto, che è la crescita all'infinito; ma perde anche ogni possibilità di realizzarsi, come soluzione planetaria per il futuro: è infatti intimamente connessa con la produzione industriale dei beni e con il plus-valore.
Oggi, a differenza di ieri, la rivoluzione non si fa più all'insegna del pensiero forte marxista-leninista, ma all'insegna del pensiero debole. Come rivoluzionari, si è quindi molto più insicuri, ma anche meno angosciati di perdere la libertà: il pensiero debole non la minaccia, consente pluralismo ed alternative ideologiche.
Oggi, a differenza di ieri, non si vede più il pericolo, facendo la rivoluzione, di precipitare sotto una egemonia straniera schiacciante.
(continua)
Mentre qui stiamo teorizzando, la società italiana è in pieno travaglio e sembra che stia drammaticamente implodendo; forse addirittura è vicina al crollo. Vi sono state da poco le elezioni politiche ed io ho compiuto la stessa scelta di voto del mitico Franco Berardi detto Bifo, per motivazioni molto simili alle sue, a vantaggio del “Movimento 5stelle” ( https://vivaibidelli.forumattivo.com/t579-elezioni-io-con-bifo ). Il fatto che io accetti una linea politica che punta alla non-governabilità dell'Italia, al fine di incasinare e possibilmente distruggere l' Europa comunitaria, può apparire una scelta stridente con il mio passato. Ed infatti, qualche persona superficiale mi ha attribuito recentemente l'ispirazione politica del “tanto peggio, tanto meglio” (l'orientamento di strategia che andava di moda negli anni caldi della contestazione, una impostazione che io ho sempre odiato e combattuto).
Allora, come si spiega la mia apparente contraddizione? Perché mai ieri io rifiutavo il “TANTO PEGGIO, TANTO MEGLIO”, mentre oggi dico SÌ a qualcosa di simile?
Ho già detto a più riprese che “a mali estremi, estremi rimedi”. Ma non è soltanto una differenza quantitativa che intercorre, fra il malessere di ieri e quello di oggi. La situazione italiana attuale presenta infatti delle radicali differenze di qualità, rispetto al passato:
1) ieri si credeva possibile che la crescita dell'economia continuasse all'infinito. Non ci credevano i marxisti, ma non perché fossero più smaliziati (come sono oggi i seguaci di Serge Latouche), bensì per ragioni “dialettiche”, per cause immanenti alla dinamica storica, contemplate nello schema del determinismo marxiano. Non ci credevano perché erano più acritici dei liberisti e dei socialdemocratici, non perché fossero più avveduti. A tutti quelli che non credevano alle necessità evolutive prefigurate e descritte dal materialismo storico, la crescita dell'economia capitalistica appariva potenzialmente illimitata. Si trattava dunque di scegliere, per il futuro dell'umanità, tra un progresso economico che sarebbe stato pur sempre diseguale ed ingiusto, ma avrebbe assicurato anche ai poveri un benessere progressivo, in continua espansione, e una dignitosa povertà di massa, ripartita in parti eguali.
2) Si trattava di scegliere fra la “società imperfetta” di Milovan Gilas, società delle riforme, società sempre perfettibile, e la “società perfetta” uscita da una rivoluzione sanguinosa, società statica, monotona, ostile all'individuo e alle sue libertà.
3) Fare la rivoluzione ieri significava compiere una scelta di campo, optare per il blocco planetario socialista e per le sue oppressioni.
4) Essere rivoluzionari ieri significava adottare il “pensiero forte” marxista-leninista, e con ciò decretare in se stessi la morte di ogni dubbio, parziale dissenso, personale modulazione critica, frammento di pensiero alternativo, possibilità di cambiamento o evoluzione: una cappa di piombo per spiriti liberi.
Oggi, a differenza di ieri, è evidente che la CRESCITA economica non può procedere all'infinito, ed anzi sta ormai giungendo al suo capolinea inevitabile, per i limiti naturali del nostro pianeta. L'alternativa socialdemocratica al socialismo-in parti-eguali, quella alternativa che ieri appariva tanto seducente, perde tutto il suo fascino se viene privata del suo presupposto, che è la crescita all'infinito; ma perde anche ogni possibilità di realizzarsi, come soluzione planetaria per il futuro: è infatti intimamente connessa con la produzione industriale dei beni e con il plus-valore.
Oggi, a differenza di ieri, la rivoluzione non si fa più all'insegna del pensiero forte marxista-leninista, ma all'insegna del pensiero debole. Come rivoluzionari, si è quindi molto più insicuri, ma anche meno angosciati di perdere la libertà: il pensiero debole non la minaccia, consente pluralismo ed alternative ideologiche.
Oggi, a differenza di ieri, non si vede più il pericolo, facendo la rivoluzione, di precipitare sotto una egemonia straniera schiacciante.
(continua)
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Re: Un vecchietto in rivolta
Continua:
Raccogliendo ed integrando gli spunti dei post precedenti, ed operando una sintesi, si potrebbe affermare:
* La crescita dell'economia, intesa come crescita del PIL, non è sostenibile all'infinito;
* essa sta raggiungendo il suo limite estremo per ragioni termodinamiche, insite nel rapporto che sussiste necessariamente tra l'entropia della produzione industriale e la possibilità di “assorbimento” di tale entropia, da parte del nostro pianeta;
* La terra è tanto popolata, e la popolazione è tanto industrializzata, che si giungerebbe presto al capolinea, ovvero alla distruzione delle specie viventi, anche se la produzione industriale rallentasse notevolmente. La produzione invece tende a crescere, E SI INVOCA LA CRESCITA, senza la quale l'economia capitalistica implode, affamando i popoli.
* La specie umana se vuole salvarsi dovrà cambiare una sua modalità di sostentamento, quella che oggi prevale.
* Se il destino è segnato, tanto vale accelerare un cambiamento che presto sarà inevitabile, tanto vale cioè accelerare la fine del capitalismo.
Non si tratta più di scegliere fra una crescita maggiore o minore, entrambe proiettate all'infinito. Non si tratta più di scegliere fra una crescita collettivistica e giusta (ma meno provvida di benessere) ed una più individualistica e iniqua (ma provvida di benessere per tutti). Si tratta di essere noi a dire STOP (e cambiare), o farcelo dire da madre natura (ed essere costretti a cambiare).
* Se siamo noi a dire STOP, guadagniamo dei decenni di tempo per una riorganizzazione economica e sociale, e lasciamo una eredità meno pesante alle generazioni future.
* Se siamo noi a dire STOP, evitiamo a noi stessi una agonia sfibrante: meglio un colpo secco...
* Se siamo noi a dire STOP, sicuramente regaliamo a noi stessi una vecchiaia di stenti e di preoccupazioni, mentre avevamo sognato per noi il quieto vivere, all'insegna di un moderato benessere. Ma in cambio ci toglieremo una soddisfazione per la quale vale la pena di sopravvivere: CI GUSTEREMO L'ANGOSCIA DEI FANS DEL CAPITALISMO E DELLA GLOBALIZZAZIONE. L'ANGOSCIA DI COLORO CHE OGGI TARTASSANO LA POVERA GENTE E DI QUELLI CHE PREDICANO LA NECESSITÀ DEL MERCATO E DELLE SUE REGOLE. L'ANGOSCIA DEI BANCHIERI E DEI LORO SOSTENITORI. L'ANGOSCIA DEI MONTI, DEI CASINI, DEI “MARCOW”...
* Se siamo noi a dire stop, avremo finito di prendere ordini da potentati stranieri che distruggono la nostra società e la nostra democrazia. Li manderemo a cacare e torneremo ad essere PADRONI IN CASA NOSTRA!!!
(Continua)
Raccogliendo ed integrando gli spunti dei post precedenti, ed operando una sintesi, si potrebbe affermare:
* La crescita dell'economia, intesa come crescita del PIL, non è sostenibile all'infinito;
* essa sta raggiungendo il suo limite estremo per ragioni termodinamiche, insite nel rapporto che sussiste necessariamente tra l'entropia della produzione industriale e la possibilità di “assorbimento” di tale entropia, da parte del nostro pianeta;
* La terra è tanto popolata, e la popolazione è tanto industrializzata, che si giungerebbe presto al capolinea, ovvero alla distruzione delle specie viventi, anche se la produzione industriale rallentasse notevolmente. La produzione invece tende a crescere, E SI INVOCA LA CRESCITA, senza la quale l'economia capitalistica implode, affamando i popoli.
* La specie umana se vuole salvarsi dovrà cambiare una sua modalità di sostentamento, quella che oggi prevale.
* Se il destino è segnato, tanto vale accelerare un cambiamento che presto sarà inevitabile, tanto vale cioè accelerare la fine del capitalismo.
Non si tratta più di scegliere fra una crescita maggiore o minore, entrambe proiettate all'infinito. Non si tratta più di scegliere fra una crescita collettivistica e giusta (ma meno provvida di benessere) ed una più individualistica e iniqua (ma provvida di benessere per tutti). Si tratta di essere noi a dire STOP (e cambiare), o farcelo dire da madre natura (ed essere costretti a cambiare).
* Se siamo noi a dire STOP, guadagniamo dei decenni di tempo per una riorganizzazione economica e sociale, e lasciamo una eredità meno pesante alle generazioni future.
* Se siamo noi a dire STOP, evitiamo a noi stessi una agonia sfibrante: meglio un colpo secco...
* Se siamo noi a dire STOP, sicuramente regaliamo a noi stessi una vecchiaia di stenti e di preoccupazioni, mentre avevamo sognato per noi il quieto vivere, all'insegna di un moderato benessere. Ma in cambio ci toglieremo una soddisfazione per la quale vale la pena di sopravvivere: CI GUSTEREMO L'ANGOSCIA DEI FANS DEL CAPITALISMO E DELLA GLOBALIZZAZIONE. L'ANGOSCIA DI COLORO CHE OGGI TARTASSANO LA POVERA GENTE E DI QUELLI CHE PREDICANO LA NECESSITÀ DEL MERCATO E DELLE SUE REGOLE. L'ANGOSCIA DEI BANCHIERI E DEI LORO SOSTENITORI. L'ANGOSCIA DEI MONTI, DEI CASINI, DEI “MARCOW”...
* Se siamo noi a dire stop, avremo finito di prendere ordini da potentati stranieri che distruggono la nostra società e la nostra democrazia. Li manderemo a cacare e torneremo ad essere PADRONI IN CASA NOSTRA!!!
(Continua)
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Re: Un vecchietto in rivolta
Continua:
Se qualcuno mi ha seguito fin qui soltanto per affetto, può tirare un sospiro di sollievo: ci stiamo avvicinando *forse* ad una (prima) conclusione. Si era partiti da un confronto fra il sottoscritto (le sue movenze ideologiche ed il suo comportamento politico), e la contestazione sessantottina (pensiero politico e prassi del movimento studentesco di allora). Nell'epoca a lungo ricordata nella prima parte di questo topic, il movimento degli studenti era quasi esclusivamente orientato in senso marxista-leninista, e si componeva di una grande quantità di piccoli gruppi politici. Mi sembra che della antica miriade di gruppuscoli, uno solo sia sopravvissuto fino ad oggi: si tratta di “LOTTA COMUNISTA”. Ho preso da tempo l'abitudine di acquistare il giornale di questa compagine, che mi viene offerto alla porta di casa da un volontario attivista; ho conversato più volte con questo compagno, ed ho accettato qualcuno dei suoi pressanti inviti a partecipare alle riunioni del suo movimento. Questa mia forma di sostegno ad un gruppo politico marxista-leninista, orgoglioso della propria identità culturale, una volta non era pensabile. Che cosa è cambiato dunque dai miei antichi motivi e atteggiamenti, nel mio rapporto con il comunismo italiano? La prima ragione per cui ho accettato di acquistare sistematicamente una pubblicazione marxista, e con ciò contribuire alla diffusione di quel pensiero, sta nel fatto che i marxisti oggi in Italia e nel mondo non possono più fare paura: non vi è più il pericolo imminente che vincano, ed instaurino una dittatura soffocante; piuttosto, essi appaiono oggi come preziosi anticorpi, una delle poche difese contro la dittatura odierna, dittatura di tipo economico e ideologico-culturale, del mercato globale e del pensiero unico che ne accompagna il dominio incontrastato. Un secondo motivo mi si è aggiunto al primo strada facendo, perché conoscendo gli "anticorpi" (che considero ormai come nuovi alleati o compagni di resistenza), dall'interno delle loro attività culturali e politiche, ho avuto una piacevolissima sorpresa: i “compagni” sono cambiati, oggi sono molto più belli di ieri...
(Continua)
Se qualcuno mi ha seguito fin qui soltanto per affetto, può tirare un sospiro di sollievo: ci stiamo avvicinando *forse* ad una (prima) conclusione. Si era partiti da un confronto fra il sottoscritto (le sue movenze ideologiche ed il suo comportamento politico), e la contestazione sessantottina (pensiero politico e prassi del movimento studentesco di allora). Nell'epoca a lungo ricordata nella prima parte di questo topic, il movimento degli studenti era quasi esclusivamente orientato in senso marxista-leninista, e si componeva di una grande quantità di piccoli gruppi politici. Mi sembra che della antica miriade di gruppuscoli, uno solo sia sopravvissuto fino ad oggi: si tratta di “LOTTA COMUNISTA”. Ho preso da tempo l'abitudine di acquistare il giornale di questa compagine, che mi viene offerto alla porta di casa da un volontario attivista; ho conversato più volte con questo compagno, ed ho accettato qualcuno dei suoi pressanti inviti a partecipare alle riunioni del suo movimento. Questa mia forma di sostegno ad un gruppo politico marxista-leninista, orgoglioso della propria identità culturale, una volta non era pensabile. Che cosa è cambiato dunque dai miei antichi motivi e atteggiamenti, nel mio rapporto con il comunismo italiano? La prima ragione per cui ho accettato di acquistare sistematicamente una pubblicazione marxista, e con ciò contribuire alla diffusione di quel pensiero, sta nel fatto che i marxisti oggi in Italia e nel mondo non possono più fare paura: non vi è più il pericolo imminente che vincano, ed instaurino una dittatura soffocante; piuttosto, essi appaiono oggi come preziosi anticorpi, una delle poche difese contro la dittatura odierna, dittatura di tipo economico e ideologico-culturale, del mercato globale e del pensiero unico che ne accompagna il dominio incontrastato. Un secondo motivo mi si è aggiunto al primo strada facendo, perché conoscendo gli "anticorpi" (che considero ormai come nuovi alleati o compagni di resistenza), dall'interno delle loro attività culturali e politiche, ho avuto una piacevolissima sorpresa: i “compagni” sono cambiati, oggi sono molto più belli di ieri...
(Continua)
italiota- Messaggi : 36
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Re: Un vecchietto in rivolta
Continua:
Si diceva che i “compagni” oggi sono più belli. Può darsi che quelli di “Lotta Comunista”, il gruppo che sto frequentando come ospite-amico, fossero belli anche ai miei tempi (giovanili), e che io semplicemente non li abbia incontrati o notati. Di certo la grande quantità di comunisti, divisi in partiti e gruppuscoli, nella quale io mi imbattei da giovane, era molto peggiore di quelli che sto frequentando adesso. In che cosa questi ultimi sono migliori? Di certo essi insistono ancora, oggi come ieri, sul carattere di “scienza” e non di “ideologia”, della conoscenza di cui sono portatori (non servirebbe a nulla ricordare loro che, se questa “scienza” ha fallito rispetto al criterio antico di “predittività”, ancor più è in fallo oggi, rispetto al criterio attuale di “confutabilità”). Ritengono dunque quelli di oggi, esattamente come quelli di ieri, di professare e diffondere un sapere di tipo “oggettivo e pubblico” anziché “soggettivo e privato”. Ma vi è la differenza, che ieri l'arroganza la si tagliava a fette: “IL MARXISMO E' UNA SCIENZA!”, ti gridavano con tono minaccioso (=provati a dissentire!), mentre oggi, con umiltà e con tono sommesso, i comunisti da me frequentati dicono: “il marxismo *per noi* è scienza, non ideologia”.
Ad un dibattito ho sentito inoltre citare Marx e Lenin in un modo dimesso, nominandoli “i nostri maestri fondatori”. Ieri si sarebbe semplicemente scandito “MARX, LENIN”, come se fossero i fondatori del genere umano, usando un tono che nemmeno i credenti più fanatici ed integralisti adottano quando chiamano in causa il loro Dio.
Comunque, dando per scontata questa trasformazione, a chiunque ne vada il merito: agli stessi “compagni” che si sono saputi evolvere, agli avversari che hanno insegnato loro qualcosa, o alle botte (in senso morale e figurato) che i primi hanno preso dalla storia, sta di fatto che i “compagni” oggi non sono più soffocanti, ed anzi sono gradevoli da frequentare.
Ed insegnano molto, molto di prezioso: un sapere anche semplice, anche accessibile alla pura intuizione, ma che viene ignorato o rimosso dai grandi partiti che pretendono di rappresentare i ceti meno abbienti.
Seguono alcune di queste elementari notazioni di saggezza, da me attinte da un conferenziere di “lotta Comunista”:
“Rapporto tra Italia ed Europa: molti elettori cercano populisti e demagoghi (in Italia) nella speranza di poter incidere, mentre le decisioni si prendono altrove”, “interdipendenza del parlamento italiano rispetto alle dinamiche europee: non è possibile utilizzare il parlamento per difendere i lavoratori”, “vi sono vecchie illusioni che cadono (riformismo) sostituite da nuove illusioni”, “non è più tempo di stati-nazione””, “oggi vi sono dei diktat europei irrinunciabili (“ce lo chiede l'Europa, ce lo chiede la crisi...), per cui UN GOVERNO POST-MONTI AVRA' UNA AGENDA GIA' SCRITTA”, “quando si comincia a colpire lo stato sociale e i deboli, non ci si rende conto di dove si possa arrivare...”i soldi risparmiati demolendo il welfare vanno alle banche che li usano per comperare i bot...”, “insistere sul parlamento è una strada sbagliata, siamo di fronte ad un parlamento che non decide, si sprecano energie...meglio collegarsi alle energie disponibili...è una prospettiva più appassionante che non il parlamentarismo ingenuo, la lotta contro la ristrutturazione del capitalismo”.
Tra tutti questi semplici insegnamenti, ve n'è uno in particolare: “UN GOVERNO POST-MONTI AVRA' UNA AGENDA GIA' SCRITTA”, al quale io accedo con la mia intuizione, mentre i “compagni” lo ricavano dalla loro preparazione scientifica (perché, anche se il marxismo non è una scienza tout-court, i marxisti sono di certo più scientifici di me), UN INSEGNAMENTO SUL QUALE SI REALIZZA CONVERGENZA PIENA, FINO A PIENA COINCIDENZA, TRA ME ED I COMPAGNI DI OGGI. Un insegnamento che il PD, ed anche SEL paiono ignorare, come pure i loro elettori. Fra questi ultimi figurano non pochi dei reduci del '68 e del '77, che ai miei occhi appaiono incredibilmente rincoglioniti. Mentre io mi trovo, con mia stessa sorpresa, ad averli superati a sinistra, mi trovo con sorpresa ad essere radicale o rivoluzionario, mi trovo ad essere UN VECCHIETTO IN RIVOLTA.
Si diceva che i “compagni” oggi sono più belli. Può darsi che quelli di “Lotta Comunista”, il gruppo che sto frequentando come ospite-amico, fossero belli anche ai miei tempi (giovanili), e che io semplicemente non li abbia incontrati o notati. Di certo la grande quantità di comunisti, divisi in partiti e gruppuscoli, nella quale io mi imbattei da giovane, era molto peggiore di quelli che sto frequentando adesso. In che cosa questi ultimi sono migliori? Di certo essi insistono ancora, oggi come ieri, sul carattere di “scienza” e non di “ideologia”, della conoscenza di cui sono portatori (non servirebbe a nulla ricordare loro che, se questa “scienza” ha fallito rispetto al criterio antico di “predittività”, ancor più è in fallo oggi, rispetto al criterio attuale di “confutabilità”). Ritengono dunque quelli di oggi, esattamente come quelli di ieri, di professare e diffondere un sapere di tipo “oggettivo e pubblico” anziché “soggettivo e privato”. Ma vi è la differenza, che ieri l'arroganza la si tagliava a fette: “IL MARXISMO E' UNA SCIENZA!”, ti gridavano con tono minaccioso (=provati a dissentire!), mentre oggi, con umiltà e con tono sommesso, i comunisti da me frequentati dicono: “il marxismo *per noi* è scienza, non ideologia”.
Ad un dibattito ho sentito inoltre citare Marx e Lenin in un modo dimesso, nominandoli “i nostri maestri fondatori”. Ieri si sarebbe semplicemente scandito “MARX, LENIN”, come se fossero i fondatori del genere umano, usando un tono che nemmeno i credenti più fanatici ed integralisti adottano quando chiamano in causa il loro Dio.
Comunque, dando per scontata questa trasformazione, a chiunque ne vada il merito: agli stessi “compagni” che si sono saputi evolvere, agli avversari che hanno insegnato loro qualcosa, o alle botte (in senso morale e figurato) che i primi hanno preso dalla storia, sta di fatto che i “compagni” oggi non sono più soffocanti, ed anzi sono gradevoli da frequentare.
Ed insegnano molto, molto di prezioso: un sapere anche semplice, anche accessibile alla pura intuizione, ma che viene ignorato o rimosso dai grandi partiti che pretendono di rappresentare i ceti meno abbienti.
Seguono alcune di queste elementari notazioni di saggezza, da me attinte da un conferenziere di “lotta Comunista”:
“Rapporto tra Italia ed Europa: molti elettori cercano populisti e demagoghi (in Italia) nella speranza di poter incidere, mentre le decisioni si prendono altrove”, “interdipendenza del parlamento italiano rispetto alle dinamiche europee: non è possibile utilizzare il parlamento per difendere i lavoratori”, “vi sono vecchie illusioni che cadono (riformismo) sostituite da nuove illusioni”, “non è più tempo di stati-nazione””, “oggi vi sono dei diktat europei irrinunciabili (“ce lo chiede l'Europa, ce lo chiede la crisi...), per cui UN GOVERNO POST-MONTI AVRA' UNA AGENDA GIA' SCRITTA”, “quando si comincia a colpire lo stato sociale e i deboli, non ci si rende conto di dove si possa arrivare...”i soldi risparmiati demolendo il welfare vanno alle banche che li usano per comperare i bot...”, “insistere sul parlamento è una strada sbagliata, siamo di fronte ad un parlamento che non decide, si sprecano energie...meglio collegarsi alle energie disponibili...è una prospettiva più appassionante che non il parlamentarismo ingenuo, la lotta contro la ristrutturazione del capitalismo”.
Tra tutti questi semplici insegnamenti, ve n'è uno in particolare: “UN GOVERNO POST-MONTI AVRA' UNA AGENDA GIA' SCRITTA”, al quale io accedo con la mia intuizione, mentre i “compagni” lo ricavano dalla loro preparazione scientifica (perché, anche se il marxismo non è una scienza tout-court, i marxisti sono di certo più scientifici di me), UN INSEGNAMENTO SUL QUALE SI REALIZZA CONVERGENZA PIENA, FINO A PIENA COINCIDENZA, TRA ME ED I COMPAGNI DI OGGI. Un insegnamento che il PD, ed anche SEL paiono ignorare, come pure i loro elettori. Fra questi ultimi figurano non pochi dei reduci del '68 e del '77, che ai miei occhi appaiono incredibilmente rincoglioniti. Mentre io mi trovo, con mia stessa sorpresa, ad averli superati a sinistra, mi trovo con sorpresa ad essere radicale o rivoluzionario, mi trovo ad essere UN VECCHIETTO IN RIVOLTA.
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VIVA I BIDELLI :: *Gli altri sono "i belli" e noi siamo "i bidelli"* :: Temi politici, sociali ed un po' filosofici
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